Il progetto “Cartoline dalla montagna” parte dalla raccolta di frammenti degli effetti materiali della tempesta meteorologica Vaia sulle foreste delle Dolomiti dell’autunno 2018 per suscitare interesse e risvegliare sentimenti attraverso delicate immagini blu, cianotipie che parlano di boschi che non esistono più, uccisi da sconvolgimenti provocati dell’uomo. Il progetto si compone di centinaia di stampe identificate da una serie di numeri, le coordinate del punto di repertazione. Una scelta precisa che utilizza un sistema internazionale per indicare una località, al posto dei nomi delle vie e dei paesi. Un sistema che mette da parte la storia specifica di questi siti per sottolineare l’universalità dei cambiamenti climatici in atto. In nessun luogo possiamo essere al sicuro.
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The project “Postcards from the mountain” starts from the collection of fragments of the material effects of the meteorological storm Vaia on the forests of the Dolomites in autumn 2018 to stimulate interest and awaken emotions through delicate blue images, cyanotypes that speak of forests that have disappeared, killed by upheavals caused by man. The project consists of hundreds of prints identified by a series of numbers, the coordinates of the point of finding. A precise choice that uses an international system to indicate a location, instead of the names of streets and countries. A system that sets aside the specific history of these sites to emphasise the universality of the climate changes taking place. Nowhere can we be safe.
Gli effetti della tempesta chiamata “Vaia” di fine ottobre 2018 sono stati terribili, milioni di alberi sono ancora per terra nelle regioni del Nord est, in particolare nelle foreste delle Dolomiti. Gli alberi dovranno essere tagliati e spostati, ma saranno necessari molti anni per ripristinare le aree colpite. Non c’è molto interesse al taglio delle piante abbattute, il prezzo del legno è precipitato e comunque molto legname da raccogliere non è materiale economicamente interessante. Molti alberi saranno quindi lasciati a terra. C’è il rischio che nei tronchi abbattuti si sviluppino parassiti, come il bostrico, che distruggono le aree boschive. E l’assenza di vegetazione in alcune zone può creare problemi di protezione idrogeologica, come frane e smottamenti. I cambiamenti climatici in atto, che portano eventi atmosferici estremi, sono ormai riconosciuti in modo ufficiale dal mondo scientifico. Ma ugualmente la violenza di “Vaia” ci ha sorpreso, non si credeva possibile che la montagna fosse colpita da violenti cicloni, non si pensava che i boschi non avrebbero resistito ai forti venti. Siamo rimasti stupiti della fragilità della montagna. Certamente molte foreste cadute erano monocolture artificiali, ma anche foreste naturali non hanno resistito alla forza del vento. Facciamo fatica a renderci conto che il clima è cambiato e sta continuando a cambiare, e che il nostro ambiente verrà modificato da questi cambiamenti climatici. Facciamo fatica a percepire chiaramente questo cambiamento e a comprenderne la gravità, anche se viviamo in montagna in ambienti naturali, anche se abbiamo visto da vicino la distruzione di “Vaia” e la continuiamo a ritrovare a ogni camminata nei boschi. Le immagini raccontano di interi boschi abbattuti, con alberi piegati uno sull’altro con effetto domino, di migliaia di tronchi trasportati dal fiume Piave, riprese dall’alto con i droni e video della devastazione hanno portato un momento di commozione e coinvolgimento emotivo. Momento che non è durato, l’abitudine alle tragedie sembra non lasciare spazio a tristezze prolungate.
The effects of the storm called “Vaia” at the end of October 2018 were terrible, millions of trees are still on the ground in the North East regions, especially in the forests of the Dolomites. Trees will have to be cut and moved, but it will take many years to restore the affected areas. There is not much interest in felling trees, the price of wood has dropped and a lot of timber to harvest is not economically attractive material anyway. Many trees will therefore be left on the ground. There is a risk that pests, such as the bostrichid beetle, will develop in the felled trunks and destroy the forest areas. And the absence of vegetation in some areas can create hydrogeological protection problems, such as landslides. The climate changes taking place, bringing extreme weather events, are now officially recognised by the scientific world. But even so, the violence of “Vaia” surprised us. We did not think it possible that the mountains would be hit by violent cyclones, we did not think that the forests would not resist the strong winds. We were amazed at the fragility of the mountain. Certainly many of the forests that fell were man-made monocultures, but even natural forests could not withstand the force of the wind. We struggle to realise that the climate has changed and is continuing to change, and that our environment will be altered by these climate changes. We struggle to perceive this change clearly and to understand its severity, even though we live in the mountains in natural environments, even though we have seen the destruction of “Vaia” up close and continue to see it on every walk in the woods. The images tell of entire forests felled, with trees bent one on top of the other with a domino effect, of thousands of trunks transported by the Piave river, shots from above with drones and videos of the devastation brought a moment of emotion and emotional involvement. This moment did not last, as the habit of tragedy seems to leave no space for prolonged sadness.
Sono tornata molte volte nelle zone più colpite a camminare, a fotografare, a osservare. Mesi dopo la situazione non è cambiata molto, alcuni sentieri sono stati ripuliti, limitate zone boscose sono state sistemate e vi rimangono distese di ceppi simili a lapidi. Colleziono scatti sempre uguali, cambia solo la posizione del bosco. Le mie uscite diventano uscite “a cimiteri”, dove sempre più intensamente avverto le colpe umane di questa tragedia, gli impatti che stiamo provocando sul clima e, di conseguenza, sulle foreste, ecosistemi indispensabili alle nostre esistenze. Decido di provare un approccio diverso, raccolgo elementi botanici sui luoghi degli schianti. Rametti, aghi, cortecce, foglie, licheni, muschi diventano piccole evidenze degli effetti di “Vaia”, prove da una parte di presenze arboree terminate e dall’altra di vita che riprende in forme diverse. Sono tracce della natura, ma anche una rievocazione del mio passaggio, della mia indagine sul “luogo del delitto”. Registro le coordinate geografiche dei punti di raccolta dei referti. Le coordinate geografiche sono valori utili ad individuare la posizione di un punto sulla superficie terrestre. Esse sono la latitudine, la longitudine e l’altitudine. La latitudine è la distanza angolare di un punto dall’equatore e la longitudine è la distanza angolare di un punto da un arbitrario meridiano di riferimento lungo lo stesso parallelo del luogo. Dal 1884 il meridiano fondamentale di riferimento è convenzionalmente fissato a Greenwich. La sua longitudine è quindi 0°. L’altitudine è la distanza, misurata lungo la verticale del punto considerato sulla superficie terrestre, dal livello del mare. Storicamente, l’ordine con cui si indicavano le coordinate era sempre lo stesso, prima la latitudine e poi la longitudine, usando diversi formati per scrivere i gradi. Nel progetto la posizione viene espressa in base sessagesimale, con i secondi in formato decimale. I punti dove non è rimasto niente da cogliere diventeranno gli spazi vuoti dell’esposizione. Con gli elementi botanici stampo piccoli cartoncini con la tecnica della cianotipia, immagini fissate dalla luce solare su cartoline trattate con una soluzione di sali di ferro. Sono centinaia di immagini a contatto caratterizzate da intense tonalità di blu. Nasce così un progetto fotografico senza l’uso della macchina fotografica, dove il fotografo diventa artigiano e artista.
I have returned many times to the worst affected areas to walk, to photograph, to observe. Months later the situation has not changed much, some paths have been cleared, limited areas of woodland have been cleared and there remain stretches of tombstone-like stumps. I collect the same shots, only the position of the forest changes. My outings become “cemetery” outings, where I feel more and more acutely the human guilt of this tragedy, the impact we are causing on the climate and, consequently, on the forests, ecosystems that are indispensable to our existence. I decided to try a different approach, collecting botanical elements at the crash sites. Twigs, needles, bark, leaves, lichen and mosses become little evidence of the effects of “Vaia”, proof on the one hand of the presence of trees that have ended and on the other of life that is resuming in different forms. They are traces of nature, but also a re-evocation of my passage, of my investigation of the “crime scene”. I record the geographical coordinates of the collection points. Geographic coordinates are values used to identify the position of a point on the earth’s surface. They are latitude, longitude and altitude. Latitude is the angular distance of a point from the equator and longitude is the angular distance of a point from an arbitrary reference meridian along the same parallel as the location. Since 1884, the prime meridian of reference has been conventionally fixed at Greenwich. Its longitude is therefore 0°. Altitude is the distance, measured along the vertical of the point considered on the earth’s surface, from sea level. Historically, the order in which co-ordinates were indicated was always the same, first latitude and then longitude, using different formats for writing degrees. In this project the position is expressed in sexagesimal base, with seconds in decimal format. The points where there is nothing left to grasp will become the empty spaces of the exhibition. With the botanical elements I print small cards using the cyanotype technique, images fixed by sunlight on cards treated with a solution of iron salts. There are hundreds of contact images characterised by intense shades of blue. The result is a photographic project without the use of a camera, where the photographer becomes a craftsman and an artist.